Haut les coeurs

Ieri, otto dicembre, sono andata al centro commerciale del capoluogo, in emergenza perché anche stavolta avevo finito le lenti a contatto. Era pieno di persone che ronzavano da tutti gli angoli, in cerca di regali, con famiglie numerose. Le comitive più appariscenti erano gruppi di famiglie amiche provenienti da piccoli paesi, si muovevano in gruppo largo di tutte le età, impermeabili a ciascuna fila, ciascun senso obbligato, sciamavano in tutte le direzioni. Ero in fila al fast food per procacciare il pasto felice (che di felice ha ben poco) richiesto dalla mia bimba, la comitiva si ricongiungeva e riseparava, passava da una cassa all’altra incurante di distanze di sicurezza, di file, di priorità acquisita, si faceva rimbrottare dalle operatrici che cercavano di mantenere un minimo ordine “Signore, deve tenere la fila di quella cassa!” “Scusi sa, ma devo chiedere al mio amico laggiù”. Ho pensato alle volte che, in campagna percorrendo la strada verso la spiaggia, mi facevo sorprendere da un gregge di pecore, moltitudine imprevedibile che sfilava da tutte le parti. L’unico era rimanere fermi e attendere il loro passaggio, evitando di muoversi per non ferire animali, quasi trattenendo il respiro. Ed in testa avevo la canzone di Fauve che martellava, nella scena appena vista nella serie di Zerocalcare, haut les coeurs haut les coeurs haut les coeurs.

Coraggio.

Qualsiasi cosa arrivi, si sta fermi e si attende il passaggio.

2 pensieri su “Haut les coeurs

  1. Fortissima la canzone!!! 😀 in effetti la gente non ragiona più: il caro vecchio “buon senso”, il vecchio “rispetto” per gli altri… sembrano ormai desueti ai più ed in pandemia ignorati totalmente, mentre avremmo bisogno che li si usasse ancora con maggior accuratezza e più frequentemente… Inutile… hai perfettamente ragione: bisogna fermarsi e lasciarli passare, aspettare che l’onda svanisca, si disperda lontano da noi… in bocca al lupo e buona vita mia cara ♥

    1. Bella davvero, Renata! Sì, ormai non credo valga più la pena di brontolare, l’unico modo che ho trovato è lasciar passare l’onda di piena. Tanto nessuno mi ascolterebbe. Buona vita a te, cara Renata!

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